giovedì 20 ottobre 2011

LA DEMOCRAZIA DELLA VIOLENZA


Nemmeno le immagini di piazzale Loreto, con il cadavere di Mussolini preso a calci e sputi prima di essere appeso insieme a quello di Claretta Petacci e dei gerachi fascisti, avevano rivelato tanta ferocia e tanta efferatezza come quelle che documentano gli ultimi attimi di vita di Mu'ammar Gheddafi.
Lo stesso Saddam Hussein era stato sottoposto ad un regolare processo prima di subire la condanna a morte, anch'essa documentata e diffusa in tutto il pianeta quale simbolo di redenzione di un popolo che ripuliva la propria coscienza estirpando l'erba cattiva.
Bin Laden fu ucciso durante un'operazione militare, lo stesso Nicolae Ceaușescu, considerato il dittatore più crudele del secolo scorso, fu giudicato da un “tribunale volante” e condannato all'esecuzione capitale dopo 55 minuti di camera di consiglio.
Il 20 ottobre 2011 assistiamo alla morte del dittatore più longevo della storia moderna e osservando le immagini del linciaggio popolare vien da chiedersi se questi siano davvero i migliori presupposti per instaurare una democrazia.
Anche Gheddafi meritava il suo processo, questo è il mio pensiero.
L'agonia del Ra'is ferito, malmenato e infine ucciso è prima di tutto una sconfitta per il diritto internazionale.
Ma l'elemento più inquietante è la consapevolezza che coloro che hanno agito con tanta ferocia violando leggi internazionali e privando Gheddafi di qualsiasi diritto (tra cui quello di essere sottoposto a giusto processo), sono gli uomini che domani mattina dovranno guidare il paese verso la democrazia.
La violenza non può essere portatrice di libertà.
La violazione dei diritti umani non può essere anticamera della democrazia.
Sia chiaro, il mio giudizio sul dittatore libico è categoricamente negativo. Ma questo terribile epilogo rappresenta inevitabilmente un'occasione mancata per tagliare i conti con un passato fatto di ingiustizie e violenza. Si riparte proprio da lì: dalla violenza.
Il capro espiatorio purifica da ogni peccato coloro che per quasi mezzo secolo hanno sostenuto il regime. Ma ci saranno anche loro, domani mattina, a guidare il paese verso la democrazia. Nessuno ammetterà di essere stato dalla parte sbagliata. Quelli che hanno contribuito a mantenere in vita il regime per così tanto tempo saranno in prima linea, domani mattina, pronti ad infettare sul nascere il nuovo stato libero e democratico, come un veleno per il quale non esiste antidoto, finchè l'uomo sarà guidato dalla violenza.

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