mercoledì 5 ottobre 2011

WIKIPEDIA E IL DIRITTO DI RETTIFICA


Quante volte questa mattina ogni navigatore medio ha cercato informazioni veloci su Wikipedia imbattendosi nel comunicato firmato dagli utenti che annunciava la momentanea sospensione del servizio?
In questi anni l'enciclopedia libera più diffusa e cliccata del pianeta è entrata di prepotenza nella cultura popolare, nel modus operandi di studenti e ricercatori, nelle abitudini quotidiane di migliaia di persone.
Ha rivoluzionato il mondo dell'informazione, introducendo una sorta di canale mediatico orizzontale e democratico, ha accorciato e snellito i tempi di ricerca.
Ora gli utenti si auto-censurano in polemica aperta con il disegno di legge sulle “norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali”, e in particolare sull'ormai famoso comma 29 che recita “per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
Gli utenti lamentano una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza. Una limitazione che snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.
Fermo restando che, a mio modo di vedere, l'azione di questo governo limita sistematicamente la libera informazione mediante, ad esempio, il monopolio e il controllo dei principali mezzi d'informazione (soprattutto televisivi),l'allontanamento (per usare un eufemismo) di giornalisti scomodi e programmi non graditi, le leggi ad personam e le nomine quanto meno discutibili all'interno dei cda del servizio pubblico (tanto per fare qualche esempio), vorrei entrare nel merito di questo attacco rivolto non ad una nuova legge (è bene ricordarlo), ma ad una serie di modifiche che dovranno essere approvate in parlamento.
Nella fattispecie, il testo firmato dal ministro Alfano tratta le “modifiche della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine” e l'”integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”.
Fiumi di inchiostro si potrebbero versare sulle limitazioni imposte ai giornalisti che si vedono le mani legate (rischiando pure il carcere) per la trascrizione e pubblicazione delle intercettazioni.
Tutti d'accordo? Certo. Ma siete d'accordo anche con il fatto che il legislatore debba in qualche modo mettere un freno al costume riprovevole di pubblicare migliaia di intercettazioni che coinvolgono la vita privata di persone estranee a qualsiasi tipo di indagine?
Apriamo il dibattito, prima di scagliare la prima pietra.
Ma torniamo al tanto contestato comma 29.
Nella legge approvata nel 2010 si leggeva “per le trasmissioni radiofoniche o televisive,
le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
La nuova formula proposta da Alfano introduce alcune integrazioni: “per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
Sinceramente l'integrazione che recitaivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” non mi sembra scandalosa, e non ritengo sposti di un granchè la posizione di Wikipedia e degli altri siti informatici (compresi quotidiani e periodici).
Se l'accusa dei firmatari dello sciopero è davvero rivolta all'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine, perchè questo sciopero (mi si passi il termine) non è stato indetto nel 2009 quando la camera approvò il testo o nel 2010 quando venne modificato?
Wikipedia ha il pregio di essere libera, ma forse il difetto di non tener conto delle norme e della deontologia che ogni giornalista deve rispettare.
La rettifica è un diritto sacrosanto e un dovere per l'editore (in questo caso per gli utenti che gestiscono il sito, non esistendo una redazione).
A me sembra che queste polemiche facciano parte più di un attacco poltico che di una difesa a spada tratta della libertà d'informazione.
Wikipedia sostiene che in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l'introduzione di una "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
Questo non è affatto vero! E' vero invece che esiste la facoltà, da parte dei soggetti di cui siano state diffuse immagini o ai quali siano stati attribuiti atti, pensieri, affermazioni, dichiarazioni contrari a verità da parte di una radio o una televizione di richiedere all’emittente, privata o pubblica, la diffusione di proprie dichiarazioni di replica, in condizioni paritarie rispetto all’affermazione che vi ha dato causa.
Si chiama diritto di rettifica. E da più di un anno la norma che ne regolamenta il rispetto è vigente pure nel settore dell'informazione online, anche se nessuno se n'era accorto!
Sinceramente mi fa più paura la prepotenza con cui si trascina le gente in tribunale, piuttosto che l'estensione del diritto di rettifica al mondo del web che è diventato, ormai, il più diffuso ma anche incontrollato organo di informazione del mondo.
Se vogliamo scendere in piazza per mandare a casa questo governo, sono già in prima fila.
Ma cerchiamo di portare qualche buona argomentazione pescando a caso nell'oceano di atrocità e schifezze che mister B. quotidianamente ci regala.
La demagogia, invece, lasciamola a casa.

Nessun commento:

Posta un commento